«Si riescono a cogliere le parole, i respiri, la rabbia, la fredda disperazione di un uomo giunto al termine della sua partita con la vita, resa dal regista-protagonista con malinconico distacco, con consapevole, bene amministrata lucidità emotiva, senza il minimo affanno» scrive il critico di “Hystrio” a proposito dell’interpretazione di Paolo Valerio ne Il muro trasparente. Uno spettacolo molto particolare con protagonista un uomo innamorato e confuso, un tennista eccellente. Max affronta la crisi della sua vita come ha sempre fatto: giocando a tennis. Si misura con la passione del tennis e la passione amorosa. Gioca, pensa, racconta, si dibatte. Emergono emozioni ed ossessioni. Momenti di silenzio si alternano a urli di sfida, quasi disperati, di un uomo alle prese con gerarchie di sentimenti che si travasano l’uno nell’altro. Le soluzioni si fanno problemi, l’agonismo dell’innamoramento trascolora nella rivalità tra solitudine e vita. Avrà il fiato necessario per portare a termine la partita? Max scandisce il suo sfogo palleggiando quasi mille volte... contro il pubblico. Che però osserva dietro un muro di plexiglas. Ecco l’altro elemento curioso dello spettacolo. Se il dibattito sulla “quarta parete” ha animato una parte importante della storia del teatro, qui la quarta parete è tangibile: divide e protegge, inquieta e rassicura...