Nel 1762, al culmine di una crisi che è insieme professionale e artistica, Goldoni lascia Venezia per un contratto biennale alla Comédie Italienne di Parigi. L’impresa non è facile: attori diffidenti, pubblico indifferente, un contesto completamente diverso da quello in cui è nato il suo teatro. Dall’esigenza di incontrare il gusto dei francesi nasce Il ventaglio, una commedia agile e festosa, al cui centro non sta un personaggio, ma un oggetto: un ventaglio, pegno di due innamorati, la cui perdita scatena un divertente gioco scenico orchestrato con magistrale perizia.
La commedia, scritta nel 1764 da Goldoni durante il suo “esilio” parigino, sembra essere il suo testo-testamento come La Tempesta per Shakespeare o I Giganti della montagna per Pirandello, un “messaggio in bottiglia” che l’autore intende inviare alla propria patria. Una commedia corale, un affresco di una collettività colta nella sua vita quotidiana, nelle sue segrete tensioni.
Motore di tutta la vicenda è un ventaglio, un piccolo oggetto dall’aria innocua capace invece di incrinare rapporti, insinuare dubbi e scatenare vere e proprie crisi. Il ventaglio, che passa di mano in mano, sembra un oggetto magico, un vettore di desideri che trasforma le persone.
Seguendo il suo tragitto impazzito si finisce per assistere a una tempesta emotiva, un temporale sentimentale, che coinvolge tutti i personaggi e che si materializza sul palco come vento che arriva all’improvviso a sconvolgere ma allo stesso tempo a risistemare ogni cosa.
In questa commedia, dominata da un realismo disincantato, Goldoni non formula utopie, non propone riforme sociali, non sogna una umanità felice. Lascia parlare la vita: sentimenti quali paura, malizia, invidia e gelosia prevalgono spesso sul buon senso e sulla fiducia. Assistiamo a un affresco di una società ormai logora e decaduta, pervasa da inquietudine e malinconia, che si appresta a vivere grandi cambiamenti.