L’Accademia Teatrale Carlo Goldoni ha proposto a noi Sotterraneo di lavorare con gli allievi e le allieve del terzo anno dandoci carta bianca. Avremmo potuto squadernare classici, recuperare il repertorio della compagnia, cercare nuove traiettorie e invece abbiamo sentito il bisogno di fermarci, fare un lungo respiro e porci questa domanda: cosa passa per la testa degli allievi di un’Accademia Teatrale al tempo della rivoluzione digitale, durante una pandemia mondiale, nel mezzo di una crisi climatica, sull’orlo di una guerra nucleare? All the world is a stage propone un meccanismo metateatrale incentrato sul senso di inadeguatezza che prova oggi chi lavora sulla scena, sul senso d’impotenza di chi nel Terzo Millennio cerca di connettersi all’intelligenza collettiva dal vivo coi mezzi del corpo e della voce, sul senso d’incertezza assoluta che attraversa chi sta per uscire da un’accademia. Piuttosto che scrivere un testo, raccontare una storia, esporre un pensiero, abbiamo lavorato con 10 under30 a un dispositivo teatrale ludico quanto spietato, tutto basato sull’immediatezza della loro presenza: vuoi lavorare in teatro? Sicuro? Come pensi di fare? Dove pensi di andare? Quanto pensi di essere bravo? Quali e quanti fantasmi della storia del teatro ti parlano oggi? Che novità potrai mai rappresentare? Cosa può il lavoro culturale di fronte alla complessità del presente? Che traccia speri di lasciare? Chi ti ascolta, chi ci ascolta, chi ascoltiamo noi? Di cosa parliamo quando parliamo di teatro in questo nostro tempo accelerato e assurdo?