Il Trovatore è un dramma in quattro parti di Giuseppe Verdi su libretto di Salvatore Cammarano tratto da El Trovador di Antonio Garcìa-Gutiérrez, che aveva colpito Verdi perché vi trovava «bei punti di scena e sopratutto qualche cosa di singolare e originale nell’insieme» (lettera a Cammarano, 4/4/1851). Debuttato al teatro Apollo di Roma nel 1853, è receduto da Rigoletto e seguito da La Traviata, collocandosi così al centro della rivoluzionaria trilogia popolare, il grande exploit drammaturgico-musicale del compositore quarantenne, sempre più uomo di teatro impegnato a traghettare il melodramma italiano verso profondità insondate, fuori dalle convenzioni, alla ricerca di uno studio dell’umano in musica e sulla scena. L'intricata vicenda del Trovatore – la rivalità tra Manrico e il Conte di Luna, che non sanno di essere fratelli, per Leonora – viene sviluppata con una potenza inedita dal linguaggio musicale verdiano: la rude atmosfera della corte spagnola d’inizio Quattrocento e le tenebrose ambientazioni zigane vengono evocate con contrasti accesi e a tratti estremi, tacciati all'epoca di volgarità, che tuttavia non trascurano la dimensione melodica e il bel canto. Il vigore sanguigno e la grandezza che Verdi ricerca nei soggetti che sceglie si riversa nelle scelte vocali e nell'orchestrazione: melodie dai contorni spigolosi ed estremi – come nei cori virili zingareschi –, uso sperimentale di rumori controllati in orchestra con l'impiego di martelli e incudini; formulazioni forti, pressoché violente, mirate a colpire l'ascoltatore. Sono il Conte e soprattutto Azucena a tessere i fili della vicenda: il primo per la ragione conferitagli dal suo rango; la seconda per essere il punto d’incontro delle storie che nel Trovatore s’intrecciano: figlia della zingara uccisa sul rogo, rapitrice del fratello del Conte, madre adottiva di questo, si trova nel finale a compiere nella maniera più terribile il desiderio di vendetta della madre, accettando la morte di quel Manrico che solo lei sa essere fratello del Conte di Luna.