Le ultime lune
In una stanza che reca ancora le tracce di un ambiente infantile, con gli adesivi di Walt Disney attaccati alle pareti, sull’onda della musica di Bach, si consuma il distacco triste e ironico del Padre, un professore “anziano”, dalla sua abitazione e dai suoi affetti. La misteriosa presenza della Madre, avvia un sottile gioco di scambi sulla scia dei ricordi del tempo felice: la donna appare fissata in una sorta di età ideale, fuori dal tempo, simile più ad una evocazione della mente e del desiderio. Fra di loro c’era stato un grande amore; poi, proprio quando “per un uomo cominciano i guai”, Iei era morta. Ora, mentre lui sta per trasferirsi in una casa di riposo, è apparsa per dargli sostegno.
Per il Padre si prepara, dunque, il viaggio finale nel pianeta della vecchiaia, dove è anche possibile vivere decememente, ma dove la felicità non è prevista. Non resta che affidarsi alla dimensione del sogno, che ai vecchi rivela senza remore l’impossibilità di realizzarsi. Lo stesso confronto con la morte determina una triste rassegnazione, dovuta alla stanchezza e condizionata dalla debole reazione di fronte all’impazienza di quanti pretendano da un uomo anziano un comportamento “dignitoso”.
L’ingresso del Figlio, un quarantenne serio e prevedibile, svela l’imbarazzo e l’ambiguità che esiste nel loro rapporto; il Padre pare non prenderlo sul serio, mentre si diverte a provocarlo, a mettere in dubbio la decisione della partenza, facendogli pesare quel suo allontanamento.
La seconda scena de Le ultime lune mostra il Padre alle prese con la solitudine: oltre alla cuffia attraverso la quale continua ad ascoltare la sua musica, oltre l’album di fotografie, che diventa un supporto necessario per richiamare alla memoria il sapore del tempo perduto, e oltre ad una fragile piantina di basilico, che lascia crogiolare alla debole luce del crepuscolo, a quel vecchio non è rimasto che il pensiero. In modo implacabile e profondo le sue parole rivelano l’incongruenza che esiste fra la falsa tranquillità dell’ultima residenza, simile più ad una prigione che ad un rifugio, e la sacralità della vecchiaia, un’età degna del massimo rispetto perché “è sacro e terribile il momento in cui un uomo cessa di vivere”.
Il dramma di Bordon sviluppa un ‘analisi cruda e profonda sulla malattia di vivere, svelando attraverso le parole di un vecchio, che sperimenta la scelta di un esilio volontario, la difficile ricerca di un equilibrio fra le condizioni dell’esistere e il baratro vuoto nel quale si spegne inevitabilmente ogni bagliore di vita.