La collina di Euridice

La collina di Euridice, testo vincitore del Premio Piralldello 1997, è una commedia scritta dal veneziano Paolo Puppa, professore di storia del teatro all’Università di Ca’ Foscari, storico dello spettacolo e drammaturgo. La trama si svolge sulle colline di Teolo e vede protagonisti Piero, un architetto padovano quarantenne e sua moglie Carla. All’inizio, la coppia è in attesa di un figlio, e ostenta una felicità, un’euforia imbarazzante. Poi qualcosa succede. La coppia appare infatti ventanni dopo, invecchiata oltremodo. E la creatura che in un primo tempo era assente, in quanto non ancora nata, ora è assente in quanto non c’è più, né potrà mai apparire. Dunque un’opera sul protagonismo di chi non si mostra, specie se si tratta di un figlio perduto, o di una fìglia come in questo caso, E soprattutto, se il lutto viene elaborato goffamente in termini laici, senza il conforto da parte di alcuna fede, o solidarietà di gruppo.
Ma c’è nella commedia un’altra coppia più giovane, costituita da Paolo, il fìdanzato della morta, alla guida dell’automobile durante l’incidente, responsabile pertanto della morte della figlia-novella Euridice, e dalla sua nuova compagna, una fatua e nevrorica arrampicatrice sociale. Il ragazzo, ossessionato dal senso di colpa, intende organizzare nella casa in collina, dove si sono rifugiati i due vecchi orfani della fìglia, una seduta spiritica, convinto com’è di poter comunicare con la defunta.
Doppia sfida per il teatro. Un testo che, in forma di grottesco vaudeville, mette al centro del plot un assente, e un play-time. nel senso che la coppia protagonista invecchia durante la commedia, passando dagli splendidi, olttimisti, gonfi di futuro, quarantanni, ai gelidi, desolati e sclerotici sessantanni di genitori rimasti privi di un senso qualsiasi per continuare a durare.