Ezra in gabbia
O il caso Ezra Pound
In “Ezra in gabbia” Mariano Rigillo, con la sua gestualità, la ricerca del silenzio, la parola che si fa idea, recita al centro del palcoscenico rinchiuso in una gabbia, la stessa che nell’estate del 1945 ospitò per 25 giorni il poeta, ormai sessantenne, nel campo di prigionia dell’esercito americano di Metàto, a Pisa. Di giorno, sotto il sole cocente, l’Ezra evocato con maestria da Rigillo scatena la sua furia ieratica, mentre durante la notte emerge l’intenso mondo poetico, espresso magistralmente negli indimenticabili “Cantos”, evocati sulla scena da Anna Teresa Rossini. Nello spettacolo la gabbia rappresenta i successivi 13 anni di reclusione che Pound passò nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washingtonfino al 1958. Da allora il silenzio ha accompagnato i suoi ultimi anni di vita. Dopo 60 anni il poeta “torna” nella gabbia, per chiedere agli spettatori di giudicarlo e avere quel processo che non ha mai avuto.
note di Leonardo Petrillo
“Ezra in gabbia” è uno spettacolo basato sulle ossessioni: ossessione per la giustizia, per la libertà, per l’usura, che corrode il mondo… L’ossessione dell’uomo Pound che si sente inadeguato, per non essere riuscito, se non a sprazzi, a far fluire carità e amore, “a rendere le cose coerenti”; ma difende la sua poesia, la scoperta delle incongruenze sociali e artistiche, del mondo e degli uomini. È una messinscena che tutto mostra e tutto nega. La scena è spoglia, a eludere sé stessa. La musica è distorsione del reale. I video montano e smontano il concetto stesso di materico, come un bimbo che gioca a creare.
2020 |
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25 agosto |
Benevento | Hortus Conclusus Festival di Benevento Città Spettacolo |